Fuori la politica dal calcio. #nonconlanostramaglia
a cura di Stefania Amato
Redazione de Il Legionario
inserita 5 anni fa
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147137 Il tempo cancella tutto. Sembra essere questa la strategia della Roma nella questione politico-calcistica apertasi settimana scorsa. Sì perché non bastavano gli infortuni a complicare l’inizio della stagione romanista. Proprio quando gli impegni delle nazionali ci offrivano la possibilità di stare un po’ tranquilli, far rifiatare alcuni giocatori e recuperarne altri, rizollare campi, lavorare più accuratamente con gli ultimi arrivati, quando l’unica preoccupazione avrebbe dovuto riguardare solo l’integrità fisica di tutti i giocatori impegnati con le nazionali, ci si è invece ritrovati immischiati in faccende che nulla dovrebbero avere a che fare con il calcio. E il calcio invece sempre più spesso diventa palcoscenico per tristi e inappropriate esibizioni.
Siamo ormai tristemente abituati a insulti di ogni genere e poco importa se siano dettati dall’ignoranza o dalle meschine “strategie” di di ricatto dei peggiori capi ultras. Ma di certo non ci aspettavamo che nella settimana di sosta scoppiasse in casa giallorossa l’ennesimo “caso” - peraltro per mano di un giocatore fermo ai box - che oltre ad avere scatenato le reazioni dei tifosi pone la società in una situazione molto delicata.
Cegiz Under ha infatti pensato bene di twittare dopo la vittoria della Turchia sull’Albania, seguendo l’esempio di alcuni calciatori in campo, una foto in cui fa il saluto militare, tipico omaggio alle truppe di Erdogan impegnate in questi giorni in una azione militare contro i curdi. Aldilà della quanto meno discutibile opportunità del gesto di chiaro riferimento politico la polemica è montata soprattutto perché l’attaccante turco nella foto in questione veste la maglia giallorossa.
Al grido social di #nonconlanostramaglia molti tifosi hanno invocato provvedimenti da parte della As Roma che - ad oggi - non si è espressa sull’episodio. Se va detto che anche l’Uefa non ha ancora preso alcun tipo di posizione riguardo al caso della Turchia, va anche detto che per lo stesso motivo Pauli Cenk Sahin, militante in seconda divisione in Germania, è stato licenziato dal St Pauli in quanto gli "atti di guerra, e l’espressione di solidarietà nei loro confronti, sono in contrasto con i valori del club". E se va detto che in un mondo ideale non si dovrebbe mai e per nessun motivo rendere omaggio a un atto di guerra, va detto ancora che su Enes Kanter, centro turco dei Boston Celtics che si è apertamente schierato contro Erdogan tre anni fa’, vige un mandato di cattura per terrorismo e suo padre è stato licenziato e costretto a disconoscerlo. Gli ha fatto eco ieri Hakan Sükur, leggenda del calcio turco che su Twitter ha scritto: “La mia é una lotta per la giustizia, per la democrazia, per la libertà e per la dignità umana. Non mi importa di quello che posso perdere se a vincere è l'umanità". Anche lui inquisito e trattato come terrorista, costretto a dimettersi da parlamentare.
Possiamo comprendere la posizione del club resa ancor più delicata dal calendario di Europa League che vedrà impegnata la squadra proprio a Istanbul il 28 novembre contro il Basaksehir, il club più vicino al presidente turco. Difficile davvero prendere una decisione con la certezza dell’assenza di conseguenze di qualsiasi genere. Molto facile sarebbe stato invece evitare di ritrovarsi continuamente a dover risolvere grane esterne al campo, regolamentando ad esempio l’uso dei social da parte dei tesserati.
Allora ben vengano le proteste dei tifosi alle quali dovremmo unire anche le nostre, in difesa di un popolo che combatte anche una nostra guerra, quella contro l’integralismo, quella in difesa dei propri diritti, quella di noi donne che a volto scoperto e con immenso orgoglio liberamente viviamo il calcio allo stadio per tifare i nostri colori. Quei colori che non accettiamo di vedere addosso a chi esalta guerra ed oppressione. #nonconlanostramaglia
Stefania Amato