What if

What if - Verona Roma

Una rubrica di Michele Alessio Torella
Redazione de Il Legionario
inserita 11 mesi fa
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La vigilia
I padroni di casa arrivano da un inizio di stagione scoppiettante, visti i successi in Coppa Italia contro l’Ascoli e quello contro l’Empoli nella prima giornata di campionato. Il tutto fa presupporre ad una serata da “Fatal Verona”. La Roma, protagonista di un pareggio in rimonta contro la Salernitana all’Olimpico, ha altrettanti elementi su cui puntare: la presentazione del “nuovo Messi” Azmoun, il sorteggio di un arbitro romano, prima volta nella storia (almeno in caso di vittoria qualcuno potrà avere a ragione da ridire) e la trattativa su Lukaku. Talmente tanto vento in poppa che Mourinho chiederà dalla tribuna di poter cominciare sotto di un gol.

I motivi tattici
Baroni manda in campo undici giocatori, scegliendoli perlopiù fra quelli con i nomi più impronunciabili, così da confondere i telecronisti e Salzarulo, che a Verona è personaggio noto. Ciliegina sulla torta è Djuric prima punta. L’attaccante bosniaco, con una media di circa un gol ogni dieci gare in Serie A, è la scelta migliore per mettere a proprio agio la difesa della Roma, e non farle pesare i problemi al centro del suo attacco. La Roma risponde con delle scelte importanti. Prima su tutte la conferma di Kristensen e Llorente: voi non puntereste su due che sono riusciti a far retrocedere il Leeds nella passata stagione? La seconda mossa è Paredes in cabina di regia accanto a Cristante. In molti rivedono la coppia De Rossi-Pizarro, e vedono molto male. L’interrogativo è se il vero Paredes sia quello che ha inconsapevolmente alzato la Coppa del Mondo in Qatar, o quello che ha regalato meme in giro per l’Europa negli ultimi 10 anni. La vera notizia è il debutto in attacco della coppia Dybala-Benzema, con il francese appena sbarcato nella Capitale, dopo anni di false illusioni.

La partita
Come spiegato, la Roma chiede di partire sotto di un gol, scendendo in campo direttamente al quarto minuto. Nel mentre lo speaker del Bentegodi intrattiene il pubblico con un revival anni ’90: “Everybody sign a goal, Duda, Duda”. I giallorossi ci mettono appena sette minuti a spiegare agli avversari quali siano le reali intenzioni: calcio d’angolo di Pellegrini e stacco imperioso di Cristante, la palla sfiora la traversa ed entra in rete. Nelle passate novantasei stagioni sarebbe stato legno e basta, invece la Roma pareggia l’incontro immediatamente. Passano appena altri tre minuti, Dybala entra in area, contatto con Djuric che anche stasera gioca nell’area sbagliata, e va giù. L’arbitro Doveri inizialmente ammonisce l’argentino per simulazione, ma viene poi richiamato da Taylor al VAR, perché Paulo sembra non accentuare la caduta. Ammonizione tolta. Poco dopo protagonista ancora Djuric che stende Mancini poco fuori l’area del Verona, dimostrando che le squadre sono messe in campo con i piedi. Al 41’ episodio chiave del primo tempo. Dybala serve in area Pellegrini, che colpisce il braccio di Hongla. Calcio di rigore confermato dal VAR. Dal dischetto Benzema, che non perdona, e la Roma ribalta la partita. La squadra ospite pregusta il vantaggio al riposo, ma sul gong segna Ngonge. Farebbe ridere già così, se non fosse per la dinamica dell’azione. Paredes che tenta una acrobazia improbabile, Llorente non si trova dove dovrebbe essere, Mancini e Smalling sono troppo alti per acciuffare l’avversario che, posseduto dallo spirito di Candreva, serpeggia e segna il gol del 2-2.
Nella ripresa la Roma comincia subito a fare la partita. Dopo una serie di scaramucce, al 56’ la palla arriva a Belotti, subentrato a Benzema nell’intervallo, il bomber giallorosso riesce a fare sponda ad Aouar che riporta in vantaggio gli ospiti. L’azione è dubbia. Il VAR impiega molti minuti per cercare di annullare il gol, si cercano possibili fuorigioco, scazzottate a palla lontana, cariche al portiere e spogliatoi non a norma. Alla fine Doveri con rammarico conferma il vantaggio romanista. La partita cade di nuovo nell’oblio, con la Roma che cala volutamente il ritmo ispirandosi al Brasile degli anni ’80, pur senza averne il talento, ma riesce nello scopo. Nel frattempo Dybala, avvertito dagli spiriti, presagisce un infortunio e per non saltare la gara con il Milan chiede di essere sostituito. Entra al suo posto Berardi, formando una storica coppia di rumors con Benzema. Bisogna attendere circa mezzora, prima di assistere ad una vera azione da gol, con Belotti lanciato a rete e steso da Hien. Doveri ammonisce il giocatore gialloblù, ma poi Taylor viene costretto a espiare i propri peccati richiamando il direttore di gara per segnalare la chiara azione da gol, che costa il cartellino rosso. Ne consegue una punizione da posizione incredibilmente favorevole per un mancino, ma l’unico rimasto in campo è Rui Patricio, e non è il caso. Pellegrini si prende le sue responsabilità, e comincia a pensare come calciarla: alla Tommasino Hassler, alla Totti, alla Pjanic. Boh!? Alla fine si ricorda che da quella stessa posizione aveva bucato già Strakosha in un derby di meno di due anni fa. Quasi quasi ci riprova. Questa volta la palla sfiora prima l’incrocio, con una carambola assurda fra i legni, che litigano fra di loro per entrare nella lista degli ennesimi legni della Roma. La risolve la schiena di Montipò, ultima a toccare la palla prima che superi la linea. Il gol viene dato alla traversa, decisione corretta secondo il regolamento. Pellegrini sbuffa, ma meglio tre punti che entrare nel tabellino dei marcatori. La Roma manda in campo Solbakken, per tranquillizzare il Verona e inviare un chiaro segnale: quattro bastano. Per omaggiare Taylor al VAR, Doveri concede tredici inutili minuti di recupero, in parziale tributo alla finale di Europa League. Poi si concede un triplice fischio, con la Roma che sale a quattro punti in classifica, grazie al primo successo in campionato. Testa al Milan, la sfida allo scudetto è lanciata.


Michele Alessio Torella



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