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RUDI VOELLER - IL TEDESCO VOLANTE

a cura di Emanuele Grilli
Redazione de Il Legionario
inserita 4 anni fa
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Se nel tuo periodo in maglia giallorossa la Curva Sud ti dedica un coro divenuto poi storico negli anni successivi, probabilmente qualcosa di buono con noi sei riuscito a farlo. E per quelli che se lo stanno domandando, il soprannome “tedesco volante” non derivava solamente dalla sua grande abilità nel gioco aereo. Voeller infatti, grazie a una strepitosa velocità, era capace di cavalcate inesorabili palla al piede verso l’area di rigore, con i difensori che molto spesso dovevano mettergli freno con numerosi falli al limite della scorrettezza. Oggi ricorre il suo sessantesimo compleanno, e visto che parliamo di uno dei più grandi centravanti nella storia del calcio mondiale, mi sembra doveroso iniziare il racconto dal principio, cercando di essere il più diretto e coinvolgente possibile per rispetto del giocatore di cui sto parlando. Buona lettura.

Rudolf Voeller, meglio conosciuto come Rudi Voeller, nasce ad Hanau in Germania il 13 aprile 1960, e a differenza di molti suoi “colleghi” capisce fin da subito quale dovrà essere il suo compito principale: fare a sportellate in mezzo all’area e segnare gol a raffica. Dopo essere cresciuto nelle giovanili del proprio paese il giovane tedesco viene inserito nella primavera del Kickers Offenbach, squadra che in quel momento era nella seconda divisione tedesca. Dopo soli due anni di ambientamento il giocatore viene subito inserito in prima squadra, ed esordisce nella stagione 1977/78 a 17 anni compiuti. Nella sua prima stagione da professionista Voeller totalizza 6 presenze e 1 gol, ma l’impressione è che molto presto il giocatore potrà dire la sua anche da titolare. Ed infatti nelle due stagioni successive lo score aumenta sempre di più, con ben 72 presenze e 20 gol totali che lo rendono uno dei giovani più promettenti di tutta la serie B tedesca.

MONACO 1860
Nella stagione 1980/81 viene acquistato a titolo definitivo dal Monaco 1860, che gli permette di esordire ufficialmente in Bundesliga. Nel suo primo anno in massima serie Voeller si mette in mostra con 9 gol in 34 presenze (a soli 20 anni), ma nonostante ciò la sua squadra arriverà sedicesima, retrocedendo quindi in seconda Divisione. Tornato quindi in questa serie Voeller decide di restare per dare una mano alla propria squadra, e riesce in un'impresa a dir poco straordinaria. Grazie a ben 39 gol in 39 partite, Voeller si laurea capocannoniere del torneo, ma nonostante ciò il Monaco non andrà oltre il quarto posto. Come se non bastasse, il club tedesco non riesce ad iscriversi al torneo successivo, retrocedendo in terza divisione e costringendo l’attaccante 22enne a trovarsi un'altra squadra.

WERDER BREMA
In poco tempo si fa avanti il Werder Brema che decide di acquistarlo per farlo diventare il perno del proprio attacco. Inutile dire che anche in maglia biancoverde il tedesco farà scintille, mantenendo una media gol nei suoi 5 anni di permanenza a dir poco allucinante. Il giocatore si trova da Dio nel campionato tedesco, che sembra disegnato apposta per le sue caratteristiche. Di testa, di piede, da fuori area, da rapinatore, Voeller riesce a segnare in qualsiasi modo e da qualsiasi posizione, e nella sua prima stagione si laurea per la prima volta capocannoniere della Bundesliga con ben 36 centri in 40 presenze. Nonostante molti secondi posti nei 4 anni successivi il Werder Brema non riesce a portare a casa nessun trofeo, e questa se vogliamo è una piccola somiglianza con la squadra che farà parte del futuro proprio del centravanti tedesco. Nella stagione 1983/84 la media si abbassa leggermente con 21 gol in 44 presenze, mentre in quella successiva il giocatore riesce a migliorare il suo record di gol in Bundesliga a 25, non vincendo però il titolo di capocannoniere che fu assegnato a Klaus Allofs. Conclude la sua esperienza con il Werder nella stagione 1986/87, dopo aver segnato la bellezza di 119 gol in 174 presenze. Conquistato il terreno di casa, è arrivato il momento di dominare l’Italia.



AS ROMA
Nell’estate del 1987 il patron giallorosso Dino Viola decide che è arrivato il momento di rialzare l’asticella, dopo alcune annate sottotono rispetto a quelle strepitose dei primi anni ‘80. E con la spesa importante di 5,5 miliardi di lire, riesce a portare il bomber tedesco nella Capitale. Come accade fin troppo spesso da queste parti però, l’inizio con questa maglia è a dir poco travagliato. Il giocatore infatti fatica fin da subito ad ambientarsi in un campionato diverso, giocando alcune partite sottotono e saltandone la maggior parte per numerosi infortuni muscolari. Nonostante la difesa a spada tratta del presidente Viola i tifosi cominciano a lamentarsi del suo acquisto, con il giocatore che dopo soli 5 gol stagionali sembra già in procinto di tornarsene in patria. E questa è una similitudine che riguarda un altro bomber col numero 9 che qualcuno di voi probabilmente ha già intuito...
Dopo averci ragionato attentamente però, Voeller decide di restare alla Roma. Un attaccante come lui, della sua caratura e con il suo curriculum, non può arrendersi alle prime difficoltà, e nella stagione 1988/89, inizia la svolta.
In una squadra non particolarmente eccelsa, che vorrebbe tornare ai fasti di un tempo senza averne le capacità tecniche, Voeller diventa ben presto il faro del reparto offensivo. La stagione non sarà particolarmente felice, con la Roma che esce subito dalle coppe e in campionato perderà lo spareggio Uefa contro la Fiorentina, ma uno dei pochi a salvarsi di tutta la squadra sarà proprio il centravanti tedesco. Con ben 15 gol stagionali, di cui uno storico nel derby di campionato contro la Lazio al Flaminio, Voeller riesce subito a riscattarsi della prima annata, ricucendo il rapporto con la tifoseria che comincia pian piano a rivalutare il suo acquisto.
La stagione dopo, con la Roma fuori dalle coppe europee e costretta a giocare tutte le partite al Flaminio per la ristrutturazione dell’Olimpico in vista dei mondiali, Voeller continua a macinare gol e prestazioni positive. I tifosi cominciano ad innamorarsi letteralmente del suo stile di gioco, grintoso e altruista, e creano in suo onore un coro, a suo modo storico, ispirato a una famosa canzone del momento di Lorella Cuccarini. In questa stagione Voeller segna ben 14 gol in campionato e porta la Roma in semifinale di Coppa Italia, ma nell’estate successiva arriva la prima vera gioia personale del giocatore: la vittoria del Mondiale 1990 proprio in Italia, con la maglia della sua Germania.
Galvanizzato da questo importante successo Voeller torna alla Roma più carico che mai, e disputa nella stagione 1990/91 una delle annate più belle di tutta la sua carriera. Se in campionato i gol saranno 11 e la posizione finale sarà solamente un nono posto, discorso diverso va fatto per le coppe nazionali ed europee. La Coppa Italia viene infatti vinta in finale contro la Sampdoria proprio grazie a un gol del bomber tedesco, con il trofeo che viene sollevato “idealmente” dalla signora Flora Viola rimasta vedova del presidente Dino Viola defunto proprio in quelle settimane. Discorso a parte va fatto per la Coppa UEFA. La Roma si rende fin da subito protagonista di una cavalcata strepitosa, e riesce ad arrivare alle semifinali grazie a tante vittorie e soprattutto nessuna sconfitta. Il tutto con l’aggiunta di ben 9 gol del centravanti tedesco, autentico mattatore di tutta la competizione. In semifinale la Roma si ritrova ad affrontare i danesi del Brondby, e dopo uno 0-0 positivo all’andata sta maturando un pareggio per 1-1 allo stadio Olimpico, che vorrebbe dire eliminazione. Al 43’ però, in una delle ultime azioni offensive, Voeller si fa trovare in area dopo una corta respinta del portiere Schmeichel e spedisce in porta con tutta la forza del mondo il pallone del 2-1. La Roma vince e accede quindi a una finale tutta italiana contro l’Inter di Trapattoni, ma dopo un doppio confronto perso 2-0 a San Siro e vinto 1-0 in casa, la Coppa andrà purtroppo per le vie di Milano.
La stagione dopo, ultima per il tedesco con la maglia giallorossa, vede un piccolo rallentamento nelle prestazioni del giocatore, che nonostante ciò riuscirà a segnare 7 gol in campionato e portare la squadra al quinto posto. Con l’arrivo in panchina di Vujadin Boskov, che non aveva particolare stima del giocatore, arriva la cessione definitiva ai francesi del Marsiglia, dopo ben 198 presenze e 68 gol che gli sono valsi non solo un posto nel cuore dei tifosi giallorossi, ma anche nell’Hall of Fame della Roma come uno dei più grandi attaccanti di tutta la nostra storia.

MARSIGLIA
Dopo aver passato annate positive segnando gol a raffica ma non vincendo praticamente nulla, finalmente Voeller riesce a togliersi una grande soddisfazione a livello di club: la Champions League 1992/93 ai danni del Milan di Fabio Capello. Il tutto con l’aggiunta di ben 22 gol in 44 partite, che dimostrano come ormai il giocatore riesca a segnare con regolarità in qualsiasi campionato europeo. In Francia il giocatore resterà per due stagioni, segnando altri 6 gol nell’annata successiva e facendo ritorno in patria nell’estate del ‘94, più precisamente al Bayer Leverkusen.

BAYER LEVERKUSEN E FINE DELLA CARRIERA
Tornato in Germania dopo 7 anni dall’ultima gara, Voeller si dimostra ancora come un bomber affermato, e nella sua prima stagione si laurea capocannoniere della squadra con ben 16 gol in campionato. La stagione 1995/96, che sarà poi l’ultima della sua carriera, Voeller mantiene alta la sua media con 14 gol in 39 presenze, e deciderà di appendere gli scarpini al chiodo dopo uno score complessivo di 314 gol in 669 partite. Quasi la media di un gol ogni due gare.

NAZIONALE
Impossibile però fare un racconto della carriera di Voeller senza parlare della sua esperienza in Nazionale, anche perché senza usare mezzi termini è stato uno dei migliori attaccanti nella storia della Germania. In più di 12 anni, dall’Europeo 1984 al mondiale 1994, Voeller è riuscito a rendersi protagonista in ogni competizione europea, riuscendo a vincere 1 mondiale e a segnare la bellezza di 47 gol in 90 partite, che lo resero al tempo il secondo miglior marcatore nella storia della Germania. Questo prima di essere superato da Klinsmann e Miro Klose.

DOPO LA FINE DELLA CARRIERA
Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, Voeller diventa nel 1996 direttore sportivo del Bayer Leverkusen, dove resterà per ben 4 anni assumendo saltuariamente anche il ruolo di allenatore. Successivamente nel 2000 viene nominato CT della nazionale e riesce nei suoi 4 anni alla guida dei tedeschi a portare una finale nel mondiale 2002 ma anche una brutta eliminazione ai gironi nell’Europeo del 2004.
Dopo questa delusione Voeller decide di rassegnare le dimissioni, e il 30 agosto 2004 torna alla Roma come nuovo allenatore, dopo l’addio di Prandelli dovuto alla brutta malattia della moglie. L’avventura sembra iniziare bene con una vittoria contro la Fiorentina, ma nelle successive gare arriveranno brutte sconfitte che porteranno il tedesco a dimettersi nuovamente verso la fine di settembre. Il 18 gennaio 2005 torna al Leverkusen ancora come direttore sportivo, mentre nel 2018 viene nominato direttore esecutivo del club tedesco, ruolo che mantiene tuttora.

CONCLUSIONI
Penso che Voeller si possa tranquillamente considerare uno dei migliori numeri 9 di tutta la nostra storia, arrivato probabilmente nel periodo in cui la rosa giallorossa non era ai massimi livelli. Nonostante ciò il giocatore è riuscito a mantenere una media incredibile, e a farsi amare da una tifoseria che tuttora, dopo tanti anni dalla sua partenza, lo ricorda con affetto ed emozione. Ed oggi, nel giorno del suo sessantesimo compleanno, il tedesco vola sempre più in alto.

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