Approfondimenti

La storia dei presidenti della Roma (dal 1949 al 1979)

a cura di Emanuele Grilli
Redazione de Il Legionario
inserita 4 anni fa
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Pier Carlo Restagno (1949/50 - 1950/51)
Dopo il deludente periodo con Pietro Baldassarre presidente, la carica viene assegnata al banchiere Pier Carlo Restagno, e la situazione se possibile diventa ancora più disastrosa. Restagno infatti, senza alcuna conoscenza calcistica vera e propria, si ritrova costretto a gestire una squadra senza mezzi finanziari importanti, prendendo decisioni più per un volere propagandistico che per un'effettiva convinzione della scelta. In panchina riporta la bandiera Fulvio Bernardini, salvo poi esonerarlo improvvisamente per fargli vincere lo scudetto con Fiorentina e Bologna, e a livello di mercato non si ricordano acquisti particolari, a parte il fratello d’arte Knut Nordhal imparagonabile al ben più famoso Gunnar. Nella prima stagione da presidente la Roma arriva 17esima salvandosi a fatica, mentre in quella successiva arriva quello che nessun tifoso vorrebbe mai vedere: la retrocessione in serie B.

Renato Sacerdoti (1951/52)
Dopo le dimissioni di Restagno nell’aprile del 1951 la presidenza torna nelle mani di Renato Sacerdoti, già presidente della Roma dal 1928 al 1935. L’obiettivo è fin da subito chiarissimo: tornare immediatamente in serie A e soprattutto nelle posizioni alte della classifica. Ed infatti nella stagione 1951/52 la Roma è assoluta protagonista del campionato, con 53 punti totali e un primo posto che vale l’immediato ritorno nella massima competizione italiana.

Romolo Vaselli (Giugno 1952 - Novembre 1952)
Pochi giorni dopo il ritorno in serie A la carica di presidente viene data all’imprenditore Romolo Vaselli, che nonostante il “nome d’arte” sarà tutto tranne che amato. Il suo periodo alla presidenza infatti durerà solamente quattro mesi, fino al 16 novembre 1952 quando decise di rassegnare le dimissioni dopo le pesanti critiche dei tifosi che scoprirono i figli, tifosi laziali, festeggiare (e brindare) apertamente la vittoria del derby capitolino. Meglio non aggiungere altro.

Renato Sacerdoti (Novembre 1952 - 1957/58)
Richiesto a gran voce dalla tifoseria giallorossa, torna quindi al comando il “Banchiere di Testaccio” Renato Sacerdoti, che resterà per altre 6 stagioni diventando per lungo tempo il presidente più longevo nella storia della Roma, prima dell’arrivo di un certo Franco Sensi. Sinceramente innamorato del progetto Roma, Sacerdoti riesce a migliorare la squadra con l’acquisto di giocatori importanti come Ghiggia, Venturi, Da Costa, Pandolfini e tanti altri. La Roma quindi torna ben presto nella parte superiore della classifica, non vincendo nessun trofeo ma permettendo ai tifosi di vivere stagioni decisamente più tranquille. Lascia la carica nel 1958 sia per motivi di salute e sia perché, a parole sue, non si rivedeva più nel sistema calcio che si stava creando in quegli anni, troppo pubblicitario e poco romantico.

Anacleto Gianni (1958/59 - 1961/62)
Dopo l’addio definitivo di Sacerdoti viene nominato presidente il Commendatore Anacleto Gianni, che prenderà il soprannome di Anacleto Quinto poiché la sua Roma non riuscirà mai ad andare oltre il quinto posto. Nonostante ciò Anacleto fece tutto il possibile per rinforzare la squadra, stando sempre attento a non sforare il bilancio mantenendo la sua squadra sempre in condizioni economiche positive. Con lui in presidenza arrivarono grandi giocatori come Manfredini, Angelillo, Schiaffino e Selmosson, e nel 1961 arriverà anche il primo e finora unico trofeo europeo della nostra storia, la Coppa delle Fiere. Anacleto però decide di rassegnare le dimissioni nell’aprile del 1962, stanco delle critiche di una tifoseria che col tempo era diventata molto più passionale ed esigente.

Augusto D’Arcangeli (Aprile 1962 - Luglio 1962)
Per dovere di cronaca è giusto menzionare il cavaliere Augusto D’Arcangeli, vice di Anacleto Gianni che prese il suo posto temporaneamente nel periodo che va dall’aprile 1962 al luglio dello stesso anno.



Francesco Marini-Dettina (1962/63 - 1964/65)
All’inizio della stagione 1962/63 arriva quindi in presidenza il Conte Francesco Marini-Dettina, che inaugurerà uno dei periodi economici più neri di tutta la storia giallorossa. Preso dalla forte volontà di far felici i tifosi senza le conoscenze tecniche ed economiche adeguate, Francesco prese in poco tempo Angelo Sormani e Antonio Angelillo per la cifra spaventosa di 1 miliardo e 275 milioni di lire, che distrusse completamente il benessere finanziario della società. Tutto questo portò il 31 dicembre 1964 ad uno degli episodi più tremendi di tutta la storia giallorossa: la famosa “Colletta del Sistina”. A totale insaputa del presidente, l’allenatore Juan Carlos Lorenzo riunì insieme ad alcuni rappresentanti della squadra un folto numero di tifosi nel teatro Sistina. Quella che inizialmente sembrava una riunione tifoseria-squadra si trasforma ben presto in una vera e propria raccolta fondi, coi giocatori che mestamente elemosinarono 1 milione e mezzo per pagarsi la trasferta a Vicenza e parte degli stipendi. Inutile dire che una volta venuto a conoscenza della questione Marini-Dettina andò su tutte le furie, con i giocatori che si pagarono la trasferta di tasca propria e i soldi ricavati che andarono totalmente in beneficenza. Nonostante questa situazione disastrosa, con un bilancio in passivo di quasi un miliardo, la Roma riuscì in quegli anni a conquistare la prima Coppa Italia della propria storia, prima delle dimissioni definitive di Marini-Dettina e l’avvento del politico Franco Evangelisti.

Franco Evangelisti (1965/66 - 1967/68)
Come era prevedibile il periodo con Evangelisti sarà tutto tranne che esaltante, tant’è che col tempo verrà considerato come l’inizio della Rometta. Arrivato alla presidenza principalmente per scalare gerarchie a livello politico, Evangelisti si rende protagonista di numerose cessioni sofferte come quella di Picchio De Sisti e Fabio Cudicini, che ovviamente resero la situazione ancora più polemica. Nonostante tre annate fallimentari con un ottavo e due decimi posti, è ricordato per aver salvato la Roma dal fallimento con la trasformazione definitiva in una società per azioni.

Francesco Ranucci (Giugno 1968 - Dicembre 1968)
Dopo le dimissioni di Evangelisti la carica di presidente fu data temporaneamente a Francesco Ranucci, che come il suo predecessore Augusto D’Arcangeli si occupò di gestire la società in vista dell’arrivo di Alvaro Marchini. In questo breve lasso di tempo l’unica cosa degna di nota fu l’ingaggio dell’allenatore spagnolo Helenio Herrera, che venne alla Roma con un contratto a dir poco faraonico.

Alvaro Marchini (Dicembre 1968 - 1970/71)
Proprio questo gesto non fu visto di buon occhio dal presidente Marchini, che non riteneva giusto stipendiare così tanto un allenatore, seppur tra i migliori in circolazione. Il rapporto diventa ancora più pesante dopo la morte del giovane Giuliano Taccola, ma Marchini si vide costretto a trattenerlo sia perché riuscì a vincere la Coppa Italia nello stesso anno e sia perché non voleva portarsi gran parte della tifoseria contro di sé. Questo però avvenne lo stesso qualche mese più tardi, quando si fece convincere dal dirigente della Juve Italo Allodi (che tra l’altro rifiutò la Roma al momento della firma), a cedere ai bianconeri i gioielli Capello, Spinosi e Landini per Del Sol, Zigoni, Vieri e Viganò. Nel 1971 inoltre, dopo una dichiarazione di Herrera in cui disse che secondo lui il primo scudetto giallorosso era stato vinto grazie a Mussolini, Marchini decise finalmente di esonerarlo, e dopo un sesto posto ottenuto nell’ultima stagione decide di cedere la presidenza a Gaetano Anzalone.

GAETANO ANZALONE (1971/72 - 1978/79)
E adesso mi trovo un po’ in difficoltà, perché parlare di Anzalone oggi è sempre un po’ difficile. Nonostante il suo periodo di presidenza (dal 1971 al 1979) sia considerato come uno dei peggiori sotto tanti punti di vista, la sua figura è sempre ricordata con affetto ed emozione, tant’è che è stato soprannominato col tempo “il presidente gentiluomo”. Con lui in presidenza ci furono tanti cambiamenti notevoli: venne inaugurato il campo di Trigoria, venne cambiato stemma nello storico lupetto di Gratton, vennero per la prima volta Nils Liedholm e Roberto Pruzzo e vennero valorizzati i giovani della primavera Bruno Conti, Francesco Rocca e Di Bartolomei. Sfortunatamente i risultati sportivi non furono mai positivi, con ottavi, undicesimi e addirittura dodicesimi posti, con le uniche soddisfazioni del Trofeo Anglo-Italiano del 1972 e il terzo posto nella stagione 1974/75. Decise di lasciare la presidenza nel 1979 per dare il via al ciclo vincente di Dino Viola, il tutto tramite un comunicato ufficiale in cui non riuscì a trattenere le lacrime per quello che avrebbe voluto fare (invano) come presidente della Roma.


Emanuele Grilli



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