La Sfera dei Capricci

La Sfera dei Capricci: Hoka Hey!

Una rubrica di Franco Costantini
Redazione de Il Legionario
inserita 3 anni fa
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5:00
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Al tuo cospetto, o Diva,
il mio desio s’evinca:
che Roma sempre viva,
che Roma lotti e vinca.



«Hoka Hey!» è una locuzione degli Oglala Lakota, pellerossa appartenenti al gruppo etnico dei Sioux. Era il grido di guerra di Cavallo Pazzo (in lingua lakota, Tȟašúŋke Witkó). La locuzione potrebbe essere tradotta con «Va bene, uomini!».
Cavallo Pazzo, in genere, gridava «Hoka Hey!» prima di lanciarsi in battaglia. Era un capo, ma era sempre in prima fila, sempre il primo a piombare sul nemico. Molto spesso, all’espressione «Hoka Hey!» seguiva un’altra frase di incitamento, resa poi famosissima dal cinema: «Oggi è un buon giorno per morire».

Anche per la Roma, a ben vedere, “oggi è un buon giorno per morire”. Dopo due sconfitte consecutive in campionato, il sesto posto appare il massimo traguardo possibile: i 5 punti che separano dal quarto posto sembrano incolmabili, specie valutando le condizioni psico-fisiche dei nostri Lupi in rapporto a quelle degli avversari.
Anzi: esaminando razionalmente la situazione, la posizione finale più probabile è la settima, e non la sesta. Gli sbiaditi sono lì dietro ad un solo punto, ed hanno una partita in meno; senza contare che hanno il vantaggio del pesante 3-0 nello scontro diretto.

«Hoka Hey, oggi è un buon giorno per morire». Purché si muoia combattendo, s’intende. Anche la sconfitta è dignitosa, quando si fa il massimo per evitarla.

Fosse per me, insomma, non mi arrenderei mai; nemmeno se la sconfitta fosse certa. Come Cavallo Pazzo, come Tecumseh, come tutti gli altri irriducibili eroi della resistenza pellerossa, combatterei sino alla morte; perché l’esito della battaglia, alla fine, è meno importante della battaglia stessa. L’esito della nostra vita sarà comunque la morte; ma è la vita che conta, non il suo esito.

Fosse per me, Hoka Hey!, non mi arrenderei mai. È chiaro, il calcio è un gioco, non ha nulla a che fare con il sapore tragico dell’eroica resistenza di Cavallo Pazzo o di Tecumseh. Tuttavia, fatte le debite proporzioni, combattere per la propria maglia non diverge troppo dal combattere per la propria terra.

Fosse per me, Hoka Hey!, non mi arrenderei mai. E dunque mi è dispiaciuto vedere una “spenta rassegnazione” negli occhi di molti nostri Lupi. Non di tutti, per fortuna.

Fosse per me, Hoka Hey!, vorrei che i nostri Lupi (tutti) continuassero a lottare. Anche contro l’inevitabile. Se riuscissero a farlo, li porterei comunque in trionfo (anche se dovessero precipitare al decimo posto).
Perché non è l’esito che conta. A contare è l’«Hoka Hey!».


*

Shakhtar Roma 1-2

Hoka Hey! I guerrieri “pellegiallorossa” si riscattano dalla disfatta di Parma, e cavalcano senza paura sulla verde prateria di Donetsk…

Lottò ringhiando dei Lupetti il branco,
e Borja parve il Gran Bisonte Bianco,
o Tȟašúŋke Witkó, che in doppia freccia
aprì tra i visi pallidi la breccia…
E la tribù mostrossi, sotto sotto,
atta a lottar nel lotto delle otto.

*

Roma Napoli 0-2

Hoka Hey! Chi si aspettava, dopo Donetsk, una tale resa? L’Olimpico diventa un Sand Creek, o un Wounded Knee…
Il nostro portiere sembra obnubilato dall’“acqua di fuoco”: prima, dopo aver accuratamente sistemato una barriera impenetrabile, si dimentica di proteggere l’altro palo; e poi lascia la porta sguarnita in una incerta, barcollante, improbabile uscita…
E Mertens, implacabile “giacca azzurra”, ci scotenna due volte.

Sotto di due reti, i Lupi si demoralizzano, trasformandosi in una muta di cagnolini spaventati. Tranne alcuni.
Ho visto Mancini e Osimhen azzannarsi ripetutamente, come guerrieri invasati. Forse hanno esagerato, ma a mio avviso vanno onorati entrambi (sì, anche l’avversario): la loro dedizione alla maglia è fuori discussione. Oltre a Mancini, ho visto lottare anche Karsdorp, Cristante, Pellegrini, Villar: il risultato tecnico non è stato sempre brillante (a parte lo sfortunato palo colto dal nostro capitano), ma l’impegno è fuori discussione. Non è l’esito che conta. A contare è l’«Hoka Hey!».


I Lupi a cagnolìn si fan ridurre:
li sovrastan perciò le “giacche azzurre”…

*

Gli anagrammi della settimana

Poco prima del ritorno degli ottavi di Europa League, la Gazzetta dello Sport ha pubblicato un articolo quantomeno “audace”.
Il giornalista (Sebastiano Vernazza) ha spregiato ad un tempo sia la Roma sia lo Shakhtar. L’articolo si conclude così: «Per noi italiani, la vera partita di ritorno degli ottavi di Europa League si gioca a San Siro». Per la Gazzetta, insomma, la Roma non conta. E il giornalista si è meritato la seguente onomanzia:


Sebastiano Vernazza
→ vera bozza insensata

Più in generale, la visione “milanocentrica” del suddetto quotidiano esige un pronto “contro-sfottò”:

Solo una capitale: Roma!
→ Sopra a te, Milano; a culo!

(Hoka Hey! Vi avverto, o vili imbrattacarte: io a combattere sono sempre pronto; fosse anche a colpi di anagramma!)


Franco Costantini





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