Calcio e onomanzia

CALCIO E ONOMANZIA: FRANCESCO TOTTI

Una rubrica di Franco Costantini
Redazione de Il Legionario
inserita 7 anni fa
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10:00
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«Nomen omen», dicevano i nostri padri («il nome è presagio»).  E un’antica pratica esoterica, l’onomanzia, si basava proprio sui nomi per meglio comprendere le persone e il loro destino. Una delle tecniche dell’onomanzia era l'anagramma del nome, cioè il cambiamento della successione delle sue lettere.

Qui, sia chiaro, non pretendiamo di “divinare” alcunché.  Se non per gioco. Ma il gioco – specie se ha tradizioni millenarie – merita sempre di essere giocato.

 

TRE ANAGRAMMI DI FRANCESCO TOTTI

 

 Per la prima puntata di questa rubrica, vi propongo tre anagrammi di Francesco Totti. Il primo in romanesco!

 

1) Francesco Totti = Ner tacco, sfotti!

In realtà, questo anagramma è impreciso. Perché fonde due elementi che, seppur coesistenti nel Nostro, non sono in connessione tra loro.

Lo sfottò fa parte della cultura romana, e dunque è patrimonio anche di Totti. Nello sfottò i romani (e anche Totti) sanno conciliare la cattiveria sarcastica e il gioco bonario: la cosa straordinaria è che i Romani (ironici e autoironici) praticano lo sfottò «a condizione di reciprocità». Sanno farlo e sanno accettarlo. Sanno ridere degli altri e di sé stessi.

Uno dei più celebri sfottò di Totti fu quello dell'8 febbraio 2004, durante Roma-Juventus (4-0). Il bianconero Tudor protestava in modo nervoso (e senza giusto motivo), al che Totti si produsse in una superba "triade mimica": prima portò l'indice sulle labbra, poi mostrò 4 dita, indi mosse l'intera mano ad indicare l'uscita... Come dire: «zitti, ne avete presi 4, andate a casa».

Nel colpo di tacco, tuttavia, Totti non ha mai cercato lo sfottò nei confronti dell'avversario. Quel gesto tecnico (che Totti sa usare con perizia leggendaria) ha sempre avuto una diversa finalità: quella di procurare un vantaggio per la propria squadra mediante un passaggio imprevedibile.

Conclusione: per quanto impreciso, l'anagramma "Ner tacco sfotti" ha comunque il pregio di evocare due "verità tottiane".

 

2) Francesco Totti = Forte, con scatti

"Forte" non deve essere certo spiegato. Il nostro Capitano è uno dei calciatori più forti di tutti i tempi. Lo è stato, lo è, lo sarà.

È anche vero, naturalmente, che gli "scatti" citati dall'anagramma non sono più, oggi, quelli di 15 anni fa... Il tempo è inesorabile, e anche il fisico degli eroi deve piegarsi alle sue leggi. Tuttavia, il Capitano sa ancora donarci scatti memorabili. A 38 anni segnò la rete del pareggio a Manchester (in Champions League) con uno scatto in profondità degno di un ragazzino, concluso poi con un "esterno" morbido, chirurgico e magnifico... E pochi mesi fa, a quasi 40 anni, realizzò una prodigiosa doppietta contro il Torino, ribaltando il risultato della gara sebbene entrato a soli tre minuti dalla fine. Ricordate il primo gol? Il suo fu uno scatto incredibile, e per impattare la palla si avvitò in acrobazia e la indirizzò in rete di esterno destro.

L'anagramma ha poi un'altra interpretazione giocosa. Ricordate quando, a quasi trentott'anni, il Nostro segnò una doppietta nel derby? In occasione del secondo gol, Francesco si produsse in due differenti "scatti": il primo sul campo (scatto concluso con splendida acrobazia vincente), e il secondo appena fuori dal campo, con i tifosi della amata Curva Sud (lo "scatto" del selfie!).

L'impresa merita di essere raccontata in endecasillabi...

«Si perde scatto, agilità e vigore

a trentott'anni (è quasi matematico).

Eppure il trentottenne Gladiatore

segnò a la Lazio in impeto acrobatico.

Bandiera de la Roma Totti resta,

come Dante bandiera fu de' Guelfi.

A la doppietta, ver' la curva in festa

scattò di scatto per scattare un "selfi"...»

 

3) Francesco Totti = Sconfitta? Certo!

I più superficiali (e gli anti-tottiani in blocco) vedranno - in questo appena proposto - «l'anagramma di un perdente». Ma, in verità, è l'anagramma di un eroe.

Non devo dimostrare che Totti è un vincente; lo dimostra la storia. È un giocatore che si esalta sui campi più ostici (vedi le sue innumerevoli prodezze a San Siro), e si esalta nei momenti di massima difficoltà (vedi il Campionato del Mondo del 2006, vinto da protagonista reagendo a un terribile infortunio che avrebbe stroncato la carriera di chiunque altro).

L'anagramma si deve interpretare come "vocazione al sacrificio", che è la seconda qualità dell'eroe epico (qualità a sua volta mossa dalla prima, che è "l'amor patrio"). Totti ha scelto di rimanere a Roma, e per questo ha rinunciato a vincere molto di più. Totti preferisce perdere a Roma che vincere a Madrid. Perché il suo è un amore totale, che lo porta ad accettare fino in fondo qualsiasi conseguenza di quello stesso amore. 

La moderna sub-cultura consumistica mette in primo piano - tra i valori assoluti - la vittoria ad ogni costo. Ma la vittoria ad ogni costo non è un valore autentico: per capirlo, basterebbe rileggere l'Iliade. Il poema, infatti, si conclude con i funerali di Ettore: vi rendete conto?; il greco Omero rende omaggio al nemico sconfitto, che emerge come l'eroe più fulgido di tutta l'opera. Ettore è contrario alla guerra, ma resta a combattere, fino all'estremo sacrificio, per amore del suo popolo. Sì; Totti ricorda Ettore. Il quale, senza un discutibile "intervento arbitrale" (la dea Atena, invisibile, che nel duello decisivo devia il suo colpo vincente di lancia), avrebbe persino battuto il grande Achille... Sì. Ettore e Totti si somigliano decisamente!

«Sconfitta? Certo!» (Sottinteso: «Sì, accetto anche la sconfitta, serenamente; perché nessuna vittoria supera, per valore, il rimanere con la gente che amo; perché uno scudetto qui ne vale venti altrove»). Insomma: altro che anagramma di un perdente!; questo è l'anagramma del più grande eroe epico della storia del calcio. Chapeau, mio Capitano. 

Franco Costantini


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